La Storia del Gutturnio, il vino piacentino rosso più conosciuto
Come tanti vini dello Stivale, anche il Gutturnio vanta origini nobili e lontane nel tempo. Pare infatti che a codificarne la produzione, in epoca Romana, sia stato Lucio Calpurnio Pisone, politico di spicco del I secolo a. C. Prima questore, poi edile, quindi console, era nientemeno che il suocero di Giulio Cesare: la figlia, Calpurnia, divenne la terza ed ultima moglie dell’Imperatore. La madre, invece, era piacentina, ed a questo particolare si fa ricondurre la storia del Gutturnio a Lucio Calpurnio Pisone, la cui passione per il vino, del resto, fu ampiamente ridicolizzata da Cicerone nel suo “In Pisonem”, discorso in cui l’oratore si scagliò contro le scelte politiche di Pisone che, per tutta risposta, ne decise l’esilio, nel 54 a. C.
In epoca più recente, il nome Gutturnio torna solamente nel 1938, su proposta dell’enologo Mario Prati, ispirato dal ritrovamento, avvenuto qualche decennio prima (nel 1878) di una grande coppa d’argento, il “gutturnium”, sulle sponde piacentine del Po. L’anno successivo, nel 1939, il nome Gutturnio, finalmente, finisce per la prima volta sull’etichetta di una bottiglia di vino. Diventa, nel 1967, una delle prime Doc d’Italia, ed è dello stesso anno il disciplinare che ne regolamenta la produzione, indicando, negli anni successivi, le varie tipologie: Gutturnio Classico, Gutturnio Classico Riserva, Gutturnio Classico Superiore, Gutturnio Frizzante, Gutturnio Riserva e Gutturnio Superiore, tutti, però, prodotti da due vitigni simbolo del piacentino, Barbera e Croatina.
I vitigni
Ma andiamo a scoprire, da un punto di vista squisitamente ampelografico, i due vitigni principe del Gutturnio, come detto, Barbera e Croatina.
Iniziamo dalla Barbera, una delle cinque varietà autoctone più diffuse in Italia, presente quasi in ogni Regione, ma anche tra le quindici varietà più piantate al mondo. L’origine del suo nome non è chiara, ma la prima area di diffusione è senza grossi dubbi nel Monferrato, anche se oggi Barbera fa rima con Piemonte e Lombardia. Secondo lo storico vignaiolo piemontese Pietro Ratti è probabilmente legato alla parola “barbaro”, ma quella della Barbera è una storia a dir poco frastagliata, non se ne ha traccia fino al XVIII secolo, come ricorda Ian d’Agata nel suo “Native Wine Grapes of Italy”.
Alla Barbera è legata la contemporaneità del vino italiano, nel bene e nel male, specie di quella piemontese, e se negli anni duemila ha perso qualcosa in termini di popolarità, almeno in Italia, gli Usa sembrano essersene innamorati, anche se in California era arrivata già intorno al 1880. Si presenta con un grappolo piramidale medio-grande, compatto, acini medio piccoli ellissoidali e (ossia ovali) e colore scuro. Dà un vino, citando il Registro Nazionale della Varietà di Vite del Ministero delle Politiche Agricole, dal colore rosso rubino intenso, profumo vinoso; alcolicità adeguata (11.7 %), buon corpo, acidità moderata, gusto equilibrato e rotondo, persistente.
La Croatina, invece, è intrinsecamente legata alla viticultura lombarda, più specificatamente dell’Oltrepo Pavese, ed in maniera particolare della Bonarda. Conosciuta già dai tempi del Medioevo, è originario con ogni probabilità dell’area di Rovescala, in Lombardia, e la prima descrizione ufficiale la dobbiamo al botanico Giorgio Gallesio, nel 1831. Vitigno non tra i più facili, dalle rese irregolari e dalla grande sensibilità alle malattie della vite, come la peronospora, gode comunque di una grande resistenza all’oidio, è oggi ancora ampiamente diffusa in Lombardia, Piemonte ed Emilia Romagna. Dal punto di vista visivo, ha un grappolo grande, conico, alato, compatto, gli acini sono sferici e di grandezza media, ed il vino che se ne produce, se in purezza, è beverino e generalmente di pronta beva.
Gli abbinamenti
Viste le diverse declinazioni, è alquanto arduo indicare un abbinamento tipo per il Gutturnio: se nelle tipologie ferme (Gutturnio Classico, Gutturnio Classico Riserva, Gutturnio Classico Superiore, Gutturnio Riserva e Gutturnio Superiore) è con la carne, dai bolliti agli arrosti, passando per i brasati e le carni alla griglia, nella sua versione spumantizzata (Gutturnio Frizzante) dà il meglio al fianco di formaggi, salumi e primi piatti della tradizione piacentina, come il salame, la coppa e la pancetta Dop, ma anche gli anolini di stracotto, i tortelli con la coda e gli ancor più tipici pisarei e fasö.
I vini gutturnio della nostra cantina
Il nostro staff è sempre a vostra disposizione per qualsiasi esigenza