Fermentazione del vino, cos’è | Approfondimento
La fermentazione è uno dei passaggi chiave nella lavorazione in cantina, in grado di conferire al vino la propria identità. Non è solo un processo chimico, con la trasformazione degli zuccheri presenti nel mosto in alcol e anidride carbonica, ma consente di affinare e far emergere le caratteristiche tipiche dei vitigni utilizzati nella produzione, così come di mitigare o accentuare note olfattive e organolettiche del vino, con modalità distinte, sia in base alle uve utilizzate che alla durata della fermentazione.
La fermentazione alcolica del vino
È il terzo passaggio da compiere in cantina, dopo la pigiatura delle uve e la preparazione del mosto, con le eventuali correzioni in termini di concentrazione di zuccheri e acidità. Il mosto viene conferito nelle vasche – solitamente in acciaio – di fermentazione: in questa fase giocano un ruolo fondamentale i lieviti, microrganismi naturalmente presenti sulle bucce. Parte così quella che può essere definita una fermentazione spontanea, pratica in uso da millenni e utilizzata nella produzione dei vini naturali, che può essere instabile con il rischio di compromettere il risultato finale. Per questo motivo i viticoltori scelgono di aggiungere lieviti selezionati (solitamente della famiglia dei Saccharomyces Cerevisiae), per garantire maggiore stabilità alla fermentazione, in base alla tipologia di uva e al risultato che si vuole ottenere.
Quanto dura la fermentazione del vino
Lo step della fermentazione ha una durata variabile, che oscilla tra i 5 e i 10 giorni, limitatamente alla fase iniziale che accompagna la trasformazione del mosto in vino. È fondamentale che non avvenga troppo velocemente, rischiando di comprometterne gli aromi, o troppo lentamente, accentuandone in maniera indesiderata l’acidità. Altro aspetto da tenere sotto controllo è la temperatura. La fermentazione genera naturalmente calore, se questo non avviene a sufficienza, il processo potrebbe non partire. Diversamente se la temperatura è eccessiva, il rischio è di accelerare invece questo procedimento, con la morte dei lieviti, vanificando ugualmente il procedimento. Per questo motivo le vasche di fermentazione sono sovente dotate di impianto di raffrescamento.
Come riattivare la fermentazione alcolica del vino
Meglio essere pronti a intervenire, se qualcosa andasse storto. Sono diversi gli accorgimenti da adottare, qualora la fermentazione fosse troppo rallentata o prossima a fermarsi. Uno di questi è la già citata aggiunta di lieviti attivi, oppure areare il mosto. Una giusta quantità di ossigeno può aiutare a far ripartire la fermentazione. Anche la tecnica del batonnage può essere d’aiuto in questo caso: agitare delicatamente le fecce presenti nel mosto può dare la giusta spinta ai lieviti che così riprendono il loro prezioso lavoro. Se la fermentazione si è fermata a causa della temperatura troppo fredda, è consigliabile riscaldare il mosto in maniera graduale e controllata. Se questi procedimenti hanno sortito il risultato sperato, la fermentazione prosegue dopo la svinatura e l’imbottigliamento, sia in damigiane – o in altri contenitori – e poi nelle singole bottiglie. Procedimento che vede differenze sostanziali tra vino rosso e vino bianco.
Fermentazione vino rosso e bianco, le differenze
La produzione di vino bianco solitamente prevede la sgrondatura, con la separazione delle bucce dal mosto (a meno che non si vogliano produrre gli orange wine). La temperatura durante la fermentazione non deve mai superare i 20 gradi e solitamente avviene in vasche di acciaio inox, anche se esiste la tecnica di fermentazione in barriques, piccole botti in legno. Per quanto riguarda i vini rossi, invece, non c’è la separazione dalle bucce, che svolgono un ruolo fondamentale nell’estrazione dei polifenoli e dei tannini. In questo caso la temperatura della fermentazione non deve scendere al di sotto dei 25 gradi e la durata varia, a seconda del risultato che si vuole ottenere. Diciamo che la fermentazione serve ai vini bianchi per far emergere gli aromi naturali dei vitigni utilizzati, mentre nel caso dei vini rossi a esaltare corpo e struttura.
Fermentazione malolattica, cos’è
È un ulteriore passaggio a cui può essere sottoposto il vino, dopo la prima fermentazione alcolica. La fermentazione malolattica è una reazione chimica che consente il passaggio dall’acido malico all’acido lattico, più delicato a livello gustativo. Anche in questo caso giocano un ruolo fondamentale gli zuccheri, ossia l’alcol presente nel vino e la temperatura a cui si svolge questa seconda fermentazione, compresa tra i 18 e i 20 gradi. La fermentazione malolattica si sposa in ugual misura a vini rossi e bianchi da affinamento: in entrambi i casi riduce l’acidità e favorisce lo sviluppo degli aromi. Motivo per cui è indicata per vini rossi corposi, affinati in legno, e bianchi aromatici, come la Malvasia, così come per spumanti metodo classico, conferendo note di burro e crosta di pane.
La seconda fermentazione: le bollicine
Come già detto, la fermentazione prosegue poi in bottiglia o in autoclave è in questo modo che il vino conquista le sue bollicine, molto apprezzate soprattutto nei bianchi. Il Metodo Charmat o metodo Martinotti prevede una seconda fermentazione in autoclavi, dopo la fermentazione alcolica, con l’aggiunta di lieviti e zuccheri. Nel Metodo Classico o champenoise, invece, questa seconda fermentazione avviene direttamente in bottiglia, sempre con l’aiuto di zuccheri o liquer de tirage, lasciate poi in cantina per almeno altri due o tre anni. Esistono poi anche i Pet-Nat, i pétillant naturel, ossia vini naturalmente frizzanti, realizzati con il metodo ancestrale. In questo caso più che di seconda fermentazione, però, si tratta di far completare la fermentazione alcolica direttamente in bottiglia.
Damigiane e vino, la seconda fermentazione da evitare
Per chi ama invece imbottigliare il proprio vino in casa, come si faceva una volta, ci sono alcuni accorgimenti da evitare. Tra questi l’evitare, dopo aver acquistato rosso o bianco sfusi, dalla propria cantina di fiducia, di far fermentare il vino in damigiana. Una volta portate a casa, meglio riporre le damigiane in un luogo fresco e riparato. Se non è possibile procedere subito all’imbottigliamento, va controllato il collo della damigiana: se compaiono delle bollicine è segno che la fermentazione è ripartita e non bisogna più rimandare il travaso nelle singole bottiglie. Dopo un mese, il vino sarà pronto per essere gustato.
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