
Peronospora e oidio | Approfondimento
La primavera inoltrata, che già fa sentire il profumo di estate, è il periodo più delicato in vigna. Le condizioni meteo possono favorire l’insorgenza di patologie particolarmente dannose nelle fasi di fioritura e allegagione – ossia quando iniziano a formarsi gli acini – rendendo le piante più vulnerabili. In particolare, sono due le malattie che possono compromettere radicalmente quantità e qualità delle uve destinate ad essere raccolte nei mesi successivi. Stiamo parlando della peronospora e dello oidio. Entrambe possono essere contrastate con opportuni trattamenti fitosanitari ai quali, grazie alle nuove tecnologie, è possibile ricorrere in maniera sempre più efficace e sostenibile, sia in termini economici che ambientali.
Somiglianze e differenze
“Peronospora e oidio sono due funghi patogeni – spiega Sara Monaco, agronomo della Cantina Valtidone – che si presentano sia su foglia che su grappolo, anche se in modo diverso. La manifestazione della peronospora è più evidente e, una volta intaccata la pianta, può causare il collasso dell’acino e del grappolo, compromettendo così la produzione di vino. Anche l’oidio può intaccare sia la foglia che il grappolo, anche se in maniera meno evidente. Per questo motivo i viticoltori possono accorgersi dell’infezione tra giugno e luglio, nella fase di accrescimento dell’acino, anche se la malattia si è sviluppata prima. Tra gli effetti principali dello oidio c’è quello di compromettere l’accrescimento dell’acino e, di riflesso, la qualità dell’uva e del vino”.
Peronospora della vite
Questo fungo parassita dal nome suggestivo – dal greco ‘perone’, ossia punta o spilla, e ‘spora’ – se attecchisce in maniera massiva può creare gravi danni tra i filari. La sua diffusione è agevolata da alcune condizioni ambientali come pioggia, umidità e temperature moderate, tipiche della primavera inoltrata. Accorgersi del suo arrivo è relativamente semplice, perché è facilmente identificabile. “Su foglia si presenta – continua Monaco – sulla superficie superiore con le cosiddette macchie d’olio, traslucide, mentre su quella inferiore è possibile trovare una muffa bianca, il che significa che il fungo si è diffuso. Arrivando al grappolo, nello step dell’infiorescenza è visibile una sorta di imbrunitura e assumere una forma uncinata. Il grappolo può essere intaccato dal fungo in tutte le sue fasi erbacee fino all’invaiatura”. Le bacche cambiano colore e, nel caso della cosiddetta peronospora larvata, si seccano senza creare muffa. L’uva ovviamente non è più utilizzabile, ed è evidente che questa patologia determina un deciso calo del prodotto. “In una stagione piovosa e con difficoltà di ingresso ai vigneti, come è accaduto anche in anni recenti a tanti viticoltori, può portare a una perdita del 50-70% della produzione”.
Oidio della vite
Il suo nome scientifico – Oidium tuckeri – deriva dal suo scopritore, il giardiniere inglese Edward Tucker che per primo lo notò nel 1845. In realtà lo oidio è noto con la più prosaica definizione di ‘mal bianco’. “E’ meno visibile rispetto alla peronospora, perché si manifesta con piccole macchie, delle picchiettature che presentano muffa sulla pagina superiore delle foglie di vite, ma non in quella inferiore – continua Sara Monaco -. Diventa ancora più evidente sul grappolo, quindi ben dopo l’insorgenza della patologia in primavera, nella fase dell’accrescimento dell’acino tra giugno e luglio. Mano a mano che l’acino si distende, si nota una sorta di nebbia, di patina, sulla superficie della buccia. E anche in questo caso le ripercussioni sono negative: gli acini non si sviluppano compiutamente e restano molto piccoli, non raggiungendo la giusta maturazione”. “Nessun fungo o patologia della vite è pericolosa per la salute umana – assicura l’agronomo di Cantina Valtidone -, ma sicuramente ha effetti negativi sulla qualità del vino che si andrà a produrre, che sarà molto scarsa”.
I rimedi
Lo sviluppo delle nuove tecnologie può rappresentare un valido aiuto nel contrastare queste due patologie: sia oidio che peronospora vengono debellati con trattamenti fitosanitari ad hoc. “Una volta ci si basava sul calendario e si procedeva con interventi settimanali, indipendentemente dal fatto che le condizioni meteo fossero favorevoli o meno allo sviluppo dell’infezione. Ora – afferma Sara Monaco – non è più così. In tutta la Valtidone sono presenti 5 centraline che consentono di incrociare alcuni dati, come la pioggia caduta, la bagnatura fogliare, lo sviluppo delle foglie e una temperatura superiore ai 10 gradi, e consentono di farci capire quando iniziare con i funghicidi, ovviamente di concerto con il Consorzio fitosanitario di Piacenza”. “E’ un metodo sicuramente più efficace di fare prevenzione in vigna, perché ci fa intervenire in maniera mirata e solo quando è effettivamente necessario – sottolinea -, e più sostenibile sia in termini economici, perché riduce i costi per l’azienda, sia in termini ambientali, perché si evita di disperdere inutilmente sostanze chimiche”.
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