Coppa al gutturnio o al barbera? | Approfondimento
I vini rossi robusti, ovviamente di ottima qualità, possono essere protagonisti assoluti in cucina. Un esempio è la coppa al Gutturnio o al Barbera, un secondo piatto in grado di esaltare al massimo le materie prime del territorio piacentino. Dopo la presentazione dell’antipasto piacentino, con salumi e giardiniera, e i classici anvei al surbì, il nostro viaggio alla scoperta della tradizione enogastronomica piacentina non può prescindere dal proporre una ricetta che unisce la sapidità della carne di maiale agli aromi inconfondibili dei vini locali.
Una tradizione recente
In realtà l’utilizzo della coppa, come taglio di carne per arrosti o secondi in umido, è relativamente recente, spiegano il presidente dell’Accademia della Cucina Piacentina Alberto Paganuzzi e il vice Mauro Sangermani. Una volta si preferiva ottimizzare l’impiego delle carni ricavate dalla macellazione degli animali: nulla doveva andare sprecato. Da ciascun suino si possono ottenere due coppe e i contadini preferivano destinarle alla stagionatura, in modo da poter essere consumate nel lungo periodo, riservando invece altri tagli alle preparazioni da portare in tavola sul momento.
La ricetta
La coppa che si può acquistare dal macellaio ha un peso che varia, solitamente, dal kg e 200 grammi al kg e mezzo. Una quantità che consente di preparare un piatto da servire da una decina a 15 persone, calcolando di voler riservare 100 grammi di coppa per ciascuna porzione. La carne va preparata prima della cottura. A dispetto di quello che si può pensare, è un taglio di carne abbastanza magro e per far sì che resti morbida durante la cottura è necessario lardellarla. Questo non significa, spiega Paganuzzi, avvolgere la coppa in fette di lardo. Vanno invece praticati, con un coltello affilato, tre buchi all’interno della coppa, uno all’inizio, a metà e alla fine del pezzo di carne, in cui inserire dei pezzetti di lardo.
La carne va poi posizionata in una pentola, preferibilmente di coccio come vuole la tradizione, su un fornello, per farla ‘sigillare’ a fuoco vivo per un paio di minuti, con un po’ olio o burro. A questo punto tocca all’altro protagonista della ricetta: la coppa deve essere coperta interamente con il vino rosso. Con il peso di un taglio intero, possono essere necessarie anche due bottiglie. C’è chi preferisce utilizzare metà vino e metà brodo, ma i cuochi gentlemen dell’Accademia della Cucina Piacentina suggeriscono di utilizzare solo vino. Gli aromi da aggiungere sono rosmarino, aglio e salvia.
Il tempo di cottura può variare, in base al peso della carne, dall’ora e quaranta minuti alle due ore: la coppa non si ridurrà tantissimo perché viene cucinata come se fosse uno stracotto. Il vino viene piano piano assorbito, mantenendo tenera la carne. Il liquido che resterà sul fondo della pentola può essere fatto ridurre, ed utilizzato come intingolo per arricchire il piatto. Le fette di coppa possono essere servire con un purè: per un tocco più raffinato si può scegliere quello di mele, oppure puntare sul tipico purè di patate. Per rispettare in pieno i dettami della cucina piacentina, invece, il consiglio è di adagiare le fette di coppa e la riduzione di vino su un letto di polenta.
Barbera o gutturnio?
In questo piatto la carne e il vino sono coprotagonisti; quindi, occorre puntare su prodotti di prima scelta. Abbiamo già detto che va sfatato il luogo comune di utilizzare vino di scarsa qualità in cucina, a maggior ragione se quello utilizzato svolge un ruolo fondamentale ai fornelli. Ciascun vino, poi, ha caratteristiche peculiari quindi la scelta tra barbera e gutturnio va fatta a ragion veduta. La Barbera, ricordano Paganuzzi e Sangermani, è un vino mediamente tannico ma con spiccata acidità, che in bocca resta abbastanza secco. Il Gutturnio invece è più amabile e profumato. Per ricreare la giusta assonanza di gusti, meglio riempire i calici con lo stesso vino utilizzato nella preparazione del piatto.
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