fbpx Skip to content

Il metodo classico | Approfondimento

Il primo metodo di spumantizzazione che l’uomo di cantina ha messo a punto è stato il Metodo Classico (o Méthode Champenoise) in quanto è stato elaborato circa tra il 1600 ed il 1700 in Francia nella regione Champagne. Tra i primi pionieri nella produzione di questo vino ritroviamo il famoso abate cantiniere Dom Pérignon.

L’abate si era accorto che mettendo un vino non del tutto secco (quindi con ancora degli zuccheri residui) chiuso in un recipiente di vetro abbastanza robusto da sopportare la pressione che si svilupperà al suo interno con la rifermentazione alcolica, si otteneva dopo un determinato periodo un vino che era tornato secco, lo zucchero residuo era stato trasformato in alcol e cosa sorprendente in anidride carbonica che è il gas che sviluppa le bollicine di perlage.

Questo è stato il primo sistema per ottenere in maniera naturale un vino spumante. Ovviamente la tecnica di cantina si è affinata in questi 3-4 secoli e si è arrivati ad oggi ad avere dei protocolli certi per ottenere dei buoni spumanti metodo classico.

La vendemmia

Il procedimento è quello di partire dai vini base ottenuti dalla vendemmia con una gradazione alcolica di 10-11 gradi di alcol effettivo senza zuccheri ulteriori da fermentare. La caratteristica più importante che questi vini devono avere è quella di una buona acidità, addirittura che sia anche un po’ aggressiva all’inizio. Questa acidità molto alta è quella che permetterà allo spumante metodo classico di conservarsi nel tempo durante i vari anni in cui dovrà affinare in bottiglia prima di essere messo in consumo.

La conservazione in cantina

Ottenuto il vino base durante la vendemmia, quest’ultimo viene conservato in cantina fino alla fine dell’inverno/inizio della primavera. In questo periodo l’enologo assaggia le varie vasche e seleziona quelle che secondo lui sono le migliori, le più profumate e soprattutto quelle che riusciranno a suo avviso a conservarsi di più nel tempo in quanto la maturazione dello spumante metodo classico richiederà diversi anni.

L’assemblaggio della cuvée

Terminato il periodo di conservazione in cantina si procede alla cosiddetta cuvée ossia all’assemblaggio dei vari vini per la composizione dello spumante metodo classico. Esistono due tipologie di cuvée: quelle effettuata con vini della stessa vendemmia che possono fregiare lo spumante con l’etichetta millesimata cioè con annata, diversamente si avrà un “sans année”.

Una volta scelto il taglio le vasche vengono unite in un’unica massa, questa massa viene pulita,filtrata e stabilizzata a freddo in modo che non dia più precipitati tartarici dovuti all’instabilità dell’acido tartarico. A questo punto abbiamo un vino base che, ricordiamo, è poco alcolico e molto acido; questo vino viene imbottigliato nella classica bottiglia in vetro sciampagnotta da spumante che è una bottiglia speciale pesante (circa 900 grammi) in modo che possa resistere alla sovrapressione che si svilupperà con la successiva rifermentazione.

L’imbottigliamento

In bottiglia andremo quindi a introdurre il vino base limpido, i lieviti e lo zucchero (il comune saccarosio che in questo caso è consentito dalla legislazione utilizzare). Riguardo allo zucchero ci sono alcune scuole di pensiero le quali sostengono che, oltre al semplice saccarosio da barbabietola sembra che si dovrebbero ottenere dei risultati migliori utilizzando lo zucchero di canna raffinato.

Fatto ciò la bottiglia viene tappata in maniera ermetica e viene messa in posizione coricata. In questo modo il lievito che ha nuovamente reso torbido il vino comincerà poco per volta a depositarsi lungo la pancia della bottiglia in una precisa disposizione che si chiama lisca di pesce in quanto guardando la bottiglia dal basso verso l’alto si vedrà proprio questa formazione simile ad una lisca di pesce che via via si accumula lungo la parte centrale. È stato anche calcolato che mettendo i 20 g/hl di lievito rapportati al volume della bottiglia, i lieviti andranno ad occupare una superficie di circa 50centimetri quadrati.

La bottiglia viene proprio messa in posizione orizzontale e non lasciata in piedi perché se fosse lasciata in piedi non ci sarebbe una buona cinetica fermentativa; i lieviti infatti andrebbero a depositarsi sul fondo ma su una superficie inferiore.

Il periodo di fermentazione

A questo punto per circa 2 mesi mantenendo la temperatura esterna della bottiglia a circa 15 gradi, il lievito consuma completamente lo zucchero aggiunto (24 grammi per litro) e produce circa 1,5% di alcol in più e circa 5 bar di sovrapressione di anidride carbonica.

Il periodo di maturazione dello spumante

Finita la fase di fermentazione il vino è già spumante ma comunque non è ancora pronto per l’immissione al consumo perché, anche nel caso in cui non rivendicasse nessuna denominazione di origine controllata particolare, dovrebbe restare fermo sulle proprie fecce per almeno 9 mesi (il periodo minimo legale) ma  molti allungano almeno a 24/36 mesi o di più in casi di grandi annate, grandi riserve o disposizioni del disciplinare di produzione.

Durante questi mesi il lievito che ha finito lo zucchero, muore. Grazie all’azione solvente dell’alcol contenuto nel vino le membrane del lievito andranno a disfarsi e tutto quello che è contenuto all’interno della cellula del lievito poco per volta si disperderà nel vino, andandolo ad arricchire di quei sentori tipici dello spumante metodo classico che vanno dalla crosta di pane a quello del lievito di birra fino a sentori come la nocciola. Via via che questo contatto tra il vino e la sua feccia fine si prolunga, più queste sensazioni aumenteranno e con il tempo si andranno ad amalgamare meglio con le note aromatiche del vino stesso di partenza.

Inoltre più è lunga questa fase, più l’anidride carbonica che si è sviluppata grazie al lievito, si andrà a disciogliere intimamente in profondità con la matrice colloidale del vino e questo farà in modo che dopo un lungo affinamento al momento in cui la bottiglia verrà versata, questa anidride carbonica tenderà ad essere maggiormente trattenuta dalla matrice colloidale del vino, quindi ad avere una perlage migliore.

Questo significa avere un vino che una volta servito nel bicchiere faccia una produzione moderata di schiuma (che secondo i canoni dello champagne deve sparire in 7 secondi) per poi lasciare un vino ricco di catenelle di perlage che partono dal fondo del bicchiere fino alla superficie del vino

Il remuage dello spumante metodo classico

Prima di mettere in commercio il vino spumante metodo classico occorre fare un’ultima operazione chiamata remuage. Le bottiglie vengono messe poco per volta in posizione verticale con il tappo in basso; a questo si aggiungono delle piccole rotazioni che servono per far staccare dal vetro interno della bottiglia il fondo prodotto dal lievito residuo morto e convogliarlo verso la zona del tappo.

Una volta che tutto il fondo è sceso nella bidule (un apposito tappo di plastica posto sotto il tappo a corona), la bottiglia sempre a testa in giù viene presa, viene messa in un bagno di glicole a -25 gradi. In pochi secondi il vino nel collo della bottiglia ghiaccia e va ad imprigionare lo sporco. A questo punto la bottiglia si può rimettere in piedi e si può togliere il tappo a corona.

La pressione che c’è al suo interno sarà sufficiente a sparare via questo piccolo pezzo di ghiaccio con all’interno lo sporco, dopodiché basterà rabboccare la bottiglia o con il suo stesso vino se vogliamo realizzare un pas dosé oppure con la liqueur d’expedition che è uno sciroppo zuccherino che serve a far raggiungere le caratteristiche gustative volute al vino. Ad esempio il dosaggio brut con circa 8-10 grammi/litro di zucchero finale.

A questo punto la bottiglia di spumante metodo classico così rabboccata viene tappata, gabbiettata, e lasciata riposare per circa un mesetto in cantina per poi essere messa in commercio per i vostri brindisi.

Approfondimento a cura del nostro enologo Francesco Fissore

Leggi anche:

Quando un vino si dice DOC
L’anno parte con la partecipazione al Marca di Bologna

Torna su